Quantità e qualità della riserva ovarica: quali fattori influenzano il numero di blastocisti euploidi?
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Quantità e qualità della riserva ovarica: quali fattori influenzano il numero di blastocisti euploidi?

  • 30 Gennaio, 2018

Lo studio congiunto del Prof. Greco e del team del Dott. La Marca indaga le possibili correlazioni tra numero di ovociti, età della donna, livelli di ormone Anti-Mulleriano e quantità di blastocisti euploidi.

Nel corso degli anni si è assistito ad un progressivo aumento dell’età in cui le coppie iniziano la ricerca di una gravidanza: un costante processo di differimento, che rende sempre più attuale il tema dell’ovarian aging.
Il rapporto tra età della donna, declino della capacità riproduttiva femminile e invecchiamento della riserva ovarica, in termini quantitativi, è ormai consolidato: il pool follicolare e il patrimonio ovocitario si riducono con il crescere dell’età, portando la fertilità femminile a toccare il suo massimo tra i 20 ed i 25 anni per poi andare ad esaurirsi al di sopra dei 40 anni, terminando con la menopausa.
Accanto alla quantità della riserva ovarica, misurabile dosando i livelli circolanti di AMH (ormone Anti-Mulleriano), l’aspetto più complesso da esaminare rimane ad oggi la qualità ovocitaria e l’incidenza di aneuploidie: un aspetto certamente connesso con l’età della donna e che, pare, possa mostrare correlazioni anche con la numerosità del pool follicolare.
L’analisi congiunta condotta dal Prof. Greco e dal team del Dott. La Marca esamina e approfondisce questo caso: può una riserva ovarica ridotta, indipendentemente dall’età della paziente, comportare una speculare minor qualità degli ovociti? Esiste un rapporto tra blastocisti euploidi e riserva ovarica?
Per verificarlo, è stato preso in esame l’AMH: un indicatore che rivela la riserva ovarica femminile e che perde concentrazione con l’avanzare dell’età della donna, diventando non rilevabile pochi anni prima della sopraggiunta del climaterio.

Aneuploidie e riserva ovarica: l’analisi

La ricerca condotta dal team di professionisti ha preso in considerazione, in modo retrospettivo, alcuni pazienti sottoposti a cicli di IVF ed ICSI eseguiti tra il 2014 ed il 2015 presso la clinica European Hospital di Roma. Il campione, composto da 578 coppie con problemi di fertilità, è stato selezionato individuando i soggetti sottoposti a dosaggio AMH ed a diagnosi genetica pre-impianto.
L’analisi ha potuto esaminare 1.814 blastocisti, di cui 654 sono risultate euploidi in seguito allo screening genetico pre-impianto delle anomalie cromosomiche.
Il tasso di blastocisti euploidi, come prevedibile, si è mostrato inversamente connesso all’età materna, ma anche direttamente correlato ai livelli di AMH e al numero di ovociti maturi (allo stato di metafase II): questi 3 fattori sono risultati tutti rilevanti e capaci di determinare il tasso di blastocisti euploidi, aumentando la possibilità per una paziente con alti livelli di AMH e più ovociti, di avere almeno un embrione euploide potenzialmente trasferibile in utero.
Lo studio attesta, quindi, la correlazione tra i 3 fattori in esame e la qualità ovocitaria, evidenziando che la probabilità di avere blastocisti euploidi disponibili al transfer cala del 16% ad ogni anno aggiuntivo di età femminile, mentre lo stesso dato aumenta del 27% ad ogni incremento unitario di AMH e sale del 19% per ogni ovocita maturo addizionale.

L’AMH non solo indicatore di quantità, ma anche marker di qualità ovocitaria

L’indagine scientifica condotta congiuntamente dal Prof. Greco e dal team del Dott. La Marca ha, in prima battuta, confermato un’evidenza ormai consolidata in letteratura: la percentuale di embrioni aneuploidi cresce proporzionalmente all’aumentare dell’età anagrafica della donna. Sia l’aspetto quantitativo della riserva ovarica che quello qualitativo, quindi, risultano inversamente correlati con l’età femminile.
Allo stesso tempo, però, dall’analisi sembra emergere che numerosità e qualità follicolare possano intrattenere un legame diretto tra loro e indipendente dall’età.
L’analisi svolta – ritenuta attendibile grazie all’ampio campione di blastocisti prese in esame ed alla validità medicalmente riconosciuta della tecnologia array-CGH con cui sono state accertate le aneuploidie durante le indagini pre-impianto – mostra come, a parità di età, una paziente con una riserva ovarica più ricca abbia più possibilità di generare blastocisti euploidi adatte al transfer durante un ciclo di ICSI.
Allo stesso tempo, la ricerca evidenzia come l’impoverimento qualitativo e quantitativo degli ovociti possa presentarsi in maniera indipendente dall’età, manifestandosi anche in pazienti relativamente giovani.
Dall’analisi condotta emerge, quindi, come una riserva ovarica ridotta possa coincidere con un principio di aneuploidia ovocitaria, contribuendo ad aumentare la percentuale di embrioni aneuploidi ed a ridurre il tasso di successo di trattamenti IVF.

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