Rischi relativi al PMA
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  • 27 Giugno, 2014

Effetti a lungo termine della iperstimolazione ovarica

Negli ultimi 30 anni diversi studi hanno valutato la sicurezza e i rischi neoplastici associati all’utilizzo dei farmaci per l’induzione dell’ovulazione. Una recente revisione della letteratura scientifica non ha però evidenziato un aumento del rischio di cancro (carcinoma ovarico, cervicale, mammario), rispetto ai casi attesi, in donne sottoposte a ripetuti cicli di induzione dell’ovulazione per PMA Inoltre l’attento e regolare controllo delle donne in corso di PMA, permette di fare una diagnosi precoce di eventuali neoplasie presenti.

Sindrome da iperstimolazione ovarica

La Sindrome da iperstimolazione ovarica è una complicanza dei trattamenti di induzione dell’ovulazione con gonadotropine (FSH e/o hMG) e delle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Generalmente si sviluppa in seguito alla somministrazione della dose preovulatoria di hCG, con una formazione massiva di corpi lutei e conseguente attivazione di una serie complessa di eventi che portano alle manifestazioni cliniche tipiche della Sindrome.

Quest’ultime variano per importanza e gravità in base al grado della Sindrome, riscontrando frequentemente (30% dei casi) modesti disturbi soggettivi e più raramente (nel 2% dei casi) sintomi eclatanti e alterazione di numerosi parametri ematochimici. Per questi motivi, non vi è dubbio che il massimo sforzo sia rivolto alla prevenzione, attraverso l’individuazione dei fattori di rischio per lo sviluppo della Sindrome.

Gravidanze multiple

L’avvento delle terapie di induzione dell’ovulazione ha comportato un sensibile aumento delle gravidanze multiple. Nel caso delle tecniche di fertilizzazione in vitro, invece, il numero di embrioni trasferiti in cavità uterina è controllato. L’incidenza delle gravidanze multiple, gemellari e trigemine, dopo trattamento FIVET è rispettivamente del 22% e del 4%. Questa percentuali sono dovute al fatto che vengono trasferiti (ove possibile) più di un embrione ad ogni ciclo di trattamento per garantire una più alta percentuale di successo. La scelta del nostro centro è oggi quella di trasferire un massimo di 2 embrioni.

Molti studi hanno infatti dimostrato che nelle condizioni ideali (buona qualità embrionale e donna giovane) questo numero permette di massimizzare le probabilità di successo e contemporaneamente di ridurre al minimo l’incidenza di gravidanze multiple. Infatti in caso di gravidanza multipla esiste una probabilità maggiore di sviluppare complicanze durante la gravidanza e alla nascita del feto. La frequenza e la gravità di queste complicanze aumenta con il numero dei feti. Le donne con gravidanza multipla hanno maggiore possibilità di sviluppare complicanze quali: minaccia d’aborto, emorragia nel terzo trimestre, minaccia di parto prematuro, preeclampsia e altre. Per quanto riguarda i neonati, frequenti sono la prematurità, il di stress respiratorio, il basso peso alla nascita con le relative conseguenze organiche e funzionali.

Rischi chirurgici

Durante il pick up (vedi prelievo degli ovociti) viene somministrata una profilassi antibiotica, nonostante la sua efficacia non sia stata dimostrata dagli studi effettuati fino ad ora. Tuttavia benché rara (circa 1/5000 pick up), l’infezione pelvica in seguito a questo atto chirurgico può essere severa, determinando talvolta la formazione di ascessi a carico degli annessi. Lo stesso discorso può essere fatto per l’emorragia (1/5000 pick up), complicanza operatoria rara soprattutto in mano a esperti del settore.

Rischi genetici per il nascituro

Da quando sono state introdotte le tecniche di Fecondazione in Vitro molti studi sono stati condotti riguardo alle conseguenze che questi trattamenti avrebbero potuto indurre sui nascituri. Dai numerosi dati oggi disponibili riguardo la salute dei bambini nati con le tecniche di riproduzione assistita (FIVET e ICSI) negli ultimi tre lustri, emerge universalmente che la percentuale delle malformazioni congenite o delle aberrazioni cromosomiche non sono significativamente differenti da quelle osservate nella popolazione generale. Il rischio genetico aumenta comunque parallelamente all’aumentare dell’età della donna, in caso di alterazioni cromosomiche o geniche dei due partner o in caso di malattie multifattoriali presenti nei genitori.

Per questi motivi è di fondamentale importanza, ad esempio, eseguire l’esame cromosomico in tutti i pazienti e in coloro che presentano forme estremamente severe di oligozoospermia potrebbe essere utile anche la ricerca di microdelezioni a carico del cromosoma Y. Nei casi in cui il paziente risulti portatore di microdelezioni, i coniugi dovranno essere informati che molto probabilmente tale mutazione verra’ trasmessa ai figli ma non alle figlie, che non e’ noto se il figlio a cui viene trasmessa la microdelezione presentera’ problemi di fertilita’ e che fino ad ora non si conoscono altre conseguenze di tale condizione. Inoltre in pazienti affetti da azoospermia ostruttiva per la mancanza congenita dei vasi deferenti, e’ necessario eseguire la ricerca delle mutazioni piu’ comuni del gene della fibrosi cistica. Se il paziente risultera’ essere portatore di una o piu’ di tali mutazioni, sara’ necessario eseguire lo screening anche nella partner. Se anche la partner sara’ portatrice di una delle mutazioni note, si rendera’ necessario eseguire la diagnosi genetica preimpianto onde evitare di trasferire embrioni omozigoti per la fibrosi cistica. Se la paziente risultera’ non portatrice delle mutazioni note, la possibilita’ di essere portatore e’ ridotta a circa 0.4% ed in tali circostanze e’ bene avvisare la coppia che la possibilita’ di concepire un figlio affetto da fibrosi cistica e’ approssimativamente di 1:410.

La probabilità invece di ottenere una gravidanza a termine è strettamente legata all’età della donna. Nelle pazienti con età inferiore a 39 anni questa risulta essere del 36%, mentre nelle pazienti con età superiore a 39 anni questa percentuale cala drasticamente al 13%. Questo dato è dovuto principalmente alla qualità intrinseca degli ovociti prodotti. Con l’avanzare dell’età è infatti maggiore la probabilità che gli ovociti presentino anomalie genetiche (aneuploidie) che vengono trasmesse all’embrione. Tali embrioni risultano quindi incapaci di svilupparsi anche se apparentemente di buona morfologia, e questo si riflette in una più bassa percentuale di impianti ma anche in un incremento del numero di aborti spontanei.

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